Se vent’anni fa un simpatico Tom Hanks alle prime armi esprimeva il desiderio di diventare adulto nell’ormai storico e adorabile Big di Penny Marshall, qui il neo-divo Zac Efron (sulla cresta dell’onda nonostante la giovane età) viene catapultato indietro ai suoi 17 anni per “sistemare” quello che apparentemente era andato storto.
Ecco quindi da un inizio banalissimo, come nella miglior tradizione del genere, e quasi fastidioso, un’opera piacevole e positiva, che mostra come a volte, nonostante ci venga concessa una seconda possibilità, quello che conta davvero è la decisione iniziale e bisogna solo saperne vedere e comprendere gli esiti, spesso meno gravi di quanto sembrino.
Mike è un uomo sull’orlo del divorzio, con due figli che non conosce e un capo che non lo rispetta. Durante l’adolescenza era la star del liceo: capitano della squadra di basket, con un brillante futuro davanti e una ragazza che lo ama…e che aspetta un bambino da lui. La decisione di non tirarsi indietro di fronte ad una tale responsabilità è la molla da cui parte il film, tutto giocato sulle strane, divertenti e anche emozionanti dinamiche che si creano tra il protagonista e i personaggi che gli girano intorno: dall’amico di sempre, interpretato da un esilarante Thomas Lennon, alla moglie, la bravissima Leslie Mann, dagli occhi espressivi e l’atteggiamento sbarazzino, passando per i figli e i ragazzi della scuola, ognuno ben caratterizzato nel suo stile e nell’atteggiamento. Curiosa ma avvincente la scelta di “utilizzare” Matthew Perry e Zac Efron come le due facce dello stesso uomo: se il primo fa venire alla mente i suoi personaggi sempre un po’ “sfigati” e sottomessi (basti pensare al mitico Chandler di Friends), il secondo è la rappresentazione vivente del successo e l’oggetto del desiderio o di ammirazione da parte degli altri.
Con una colonna sonora più che adatta alle varie situazioni e una perfetta costruzione degli ambienti (a partire dalla particolare ed eccentrica casa dell’amico), 17 again racconta una storia come tante, ma non per questo noiosa, e lo fa con una semplicità e una delicatezza che non dispiacciono affatto in un prodotto del genere.
E come a suggerire che tutto è bene ciò che finisce bene, o meglio che comincia bene, la scena conclusiva richiama quella iniziale, lanciando un simbolico messaggio e conducendoci verso la “nuova vita” del protagonista, testimoniata da ciò che compare dopo i titoli di coda.